Avevo vent'anni quando arrivai a Corte Molon in Parona, accolta da una comunità per fare la mia prima esperienza d'animatrice in un quartiere degradato di Verona. Dovevo portare la gioia... Avevano 12 13 14 anni... avevano già vissuto tutto... facevano sesso senza amore... ricordo ancora la prima paletta da ping-pong che mi trovai a schivare quando uno di loro si trovò a perdere la prima partita contro di me... la rabbia... le parolacce nel dialetto locale... gli insulti contro la mia persona...
"Perchè spacci e non pensi a trovarti un lavoro?" - domanda mia del cavolo.
"Setu fòra? Per fare la fame? Guadagno di più così!".
Cosa ne potevo sapere io?
... tornavo in comunità la sera, e passavo la notte a studiare... spesso mi ritrovavo a piangere... l'animazione non centrava niente con quei ragazzi, ci voleva qualcos'altro... leggevo... ero alla ricerca di un senso... volevo comprendere.
Il mito del quartiere era il capoclan, un boss stimato da tutti che passava più tempo in carcere che in libertà... che altro volevo capire io???
... tornavo in comunità la sera, e passavo la notte a studiare... spesso mi ritrovavo a piangere... l'animazione non centrava niente con quei ragazzi, ci voleva qualcos'altro... leggevo... ero alla ricerca di un senso... volevo comprendere.
Il mito del quartiere era il capoclan, un boss stimato da tutti che passava più tempo in carcere che in libertà... che altro volevo capire io???
In piena notte sentivo Don Sergio che rientrava... era stato in strada... lo immaginavo mentre guardava sotto la porta della mia camera vicino alla sua per controllare se ero ancora sveglia... mai una domanda... al mattino partivo presto e la sera, quando rientravo, trovavo un suo biglietto colmo di affetto lasciato sul mio letto.
"Don Sergio perchè hai fondato queste Comunità?"... la tossicodipendenza mi faceva paura... vi erano così tanti pregiudizi in me... mio padre diceva che i drogati li avrebbe bruciati tutti, poi, quando mi accompagnava a scuola, incontravamo il solito ragazzo che ci fermava per chiedere che cosa pensavamo delle comunità di recupero... e lì assaggiavo il paradosso: mio padre per essere coerente con se stesso rispondeva che le avrebbe bruciate, poi dava al ragazzo 15.000£ con gli occhi lucidi... ed io mi chiedevo perché.
"Don Sergio perchè una persona arriva a drogarsi?" -
"Non sempre è una scelta!" - era sempre telegrafico Don Sergio, paziente, serioso, carismatico, dolce, attivo, forte, sorridente, umile, comprensivo, mai un giudizio...
Don Sergio è stato il mio primo grande maestro, perché lui non spiegava mai niente, ma trovava il modo per farti arrivare da solo a capire le cose. Ricordo quella notte... sentii il suo passo sulle scale... era quasi l'alba... aprii la porta della mia camera... Don Sergio era stato in strada coi barboni... fa più "figo" se li chiamiamo "clochard", ma lui era stato proprio coi barboni... ci fu solo uno scambio di sguardi, nessuna domanda, una buonanotte e un sorriso che esprimeva alleanza.
La sera dopo mi chiamò... non mi disse niente, ma mi mostrò delle foto: il cimitero dei cani, appena creato a Verona... tutti quei fiori... tutta quella cura... i cani... in altre foto cartoni per terra carichi di immondizia... persone senza volto nascoste dal peso di grosse coperte... i barboni... è una scelta??? c'è sempre qualcuno per noi???
"Non sempre è una scelta!" - divenne un'espressione forte in me che mi indicò la strada per passare dall'ANIMAZIONE in cui ti "inculcano" il "dovere" di far "ridere" la gente all'EDUCAZIONE in cui devi agire intenzionalmente, ma non direttamente, per accompagnare la persona a sviluppare quelle risorse che le possano permettere di scegliere.
Qualche anno fa un amico, mentre passeggiavamo in un parcheggio, mi ha ripetuto quest'espressione riferendosi alle opportunità di lavoro.
"Non tutti possono scegliere!" - mi disse.
Ed io mi trovai a chiedermi perché mi avesse detto questo, proprio a me che avevo fatto mia quella espressione. Mentre nel lavoro sapevo mettermi in posizione di ascolto, sapendo che la persona mi parlava di sè, in quel momento non lo feci... mi chiesi che cosa volesse farmi capire, e non mi accorsi che mi stava comunicando qualcosa, che mi stava parlando di lui. Eppure mi aveva appena detto che un suo amico medico gli aveva insegnato davanti ad un cliente a non pensare che la persona fosse "pazza", ma a chiedersi perchè gli stesse dicendo proprio quella cosa, che cosa volesse dirgli, comunicargli.
Ed io mi trovai a chiedermi perché mi avesse detto questo, proprio a me che avevo fatto mia quella espressione. Mentre nel lavoro sapevo mettermi in posizione di ascolto, sapendo che la persona mi parlava di sè, in quel momento non lo feci... mi chiesi che cosa volesse farmi capire, e non mi accorsi che mi stava comunicando qualcosa, che mi stava parlando di lui. Eppure mi aveva appena detto che un suo amico medico gli aveva insegnato davanti ad un cliente a non pensare che la persona fosse "pazza", ma a chiedersi perchè gli stesse dicendo proprio quella cosa, che cosa volesse dirgli, comunicargli.
Lavorando nella tutela minorile questa verità mi è sempre più chiara... da anni ormai ho orientato il mio lavoro ad una relazione d'aiuto che avviene solo quando l'altro si sente la possibilità di scegliere e non rimane prigioniero delle sue certezze disancorate dalla realtà...
Tutti i giorni mi rendo conto
che la possibilità di scegliere è il dono più prezioso che ci è dato,
ciò che dà essenza alla nostra persona,
e dobbiamo lottare molto per conquistarla,
... solo quando sappiamo vedere strade diverse
possiamo diventare creatori del nostro destino...
ma non sempre questo è facile da ricordare.
ma non sempre questo è facile da ricordare.
Grazie a Marcia Grad Powers che in questi giorni me lo sta ricordando!
Dal suo bestseller:
Dal suo bestseller:
"Se il bisogno di amore di una persona sovrasta la sua esigenza di rispetto, la spinge a diventare la vittima di qualcuno che lo è stato in precedenza. Ognuno ottiene ciò che vuole, niente di più o di meno" le spiegò il mago.
"Forse desiderano solo ciò a cui sono abituate" osservò Victoria, ricordando la profondità dell'amore che provava per il re e la regina, e l'intenso dolore che ne era parte integrante.
"E' vero. La gente cerca ciò che conosce, perché tutto quello che è familiare è fonte di conforto".
"Anche se si tratta di un conflitto?".
"In modo particolare se è una lotta! I tempi cambiano, al pari degli esseri umani che si ostinano però a cercare di sistemare le cose, a capire e risolvere le questioni rimaste in sospeso, ostinandosi purtroppo a ripetere lo stesso comportamento che non ha funzionato la prima volta".
"E' forse quello che ha fatto il principe? Mi diceva sempre che non poteva fare a meno di trasformarsi nel signor Nascosto" esclamò Victoria, agitandosi a disagio sulla poltrona.
"Forse, ma trascinarsi appresso il proprio retaggio di sofferenze è comunque una scelta, anche se del tutto irresponsabile. Ognuno deve rispondere del proprio comportamento, elaborando il dolore che lo tormenta in modo da non infliggerlo agli altri. Le porte dell'antica compagnia del tempo andato sono aperte a tutti".
"Se solo fosse venuto qui tanto tempo fa..." commentò in tono cupo la principessa. "Forse sarebbe migliorato, e le cose sarebbero andate in maniera diversa".
"Può darsi. Non dimenticare che alcune persone hanno troppa paura di affrontare ciò che le aspetta qui, e non sono disposte a fare ciò che devono".
"Che razza di spreco... tutti quegli anni a tremare, con lo stomaco sottosopra e il petto serrato, sentendomi indifesa, confusa, stanca e malata...".
"Quando permetti ai giudizi degli altri di diventare più importanti dei tuoi, finisci per cedere il tuo potere".
"Per te conservarlo dev'essere facile: ne possiedi così tanto!".
"Anche tu, mia cara. Ma devi imparare a riconoscerlo e tenerlo in esercizio, altrimenti si limita a giacere addormentato".
La principessa inspirò a fondo, cercando di allentare la tensione che le irrigidiva il corpo. "Se sono così potente, per quale motivo mi sembra di amare ancora il principe, nonostante tutte le cose di cui sono venuta a conoscenza?".
Il mago le prese la mano tremante fra le sue. "Sapere è una cosa, ma quello che si prova è tutta un'altra faccenda. Può darsi che debba passare molto tempo prima che i sentimenti riescano a mettersi alla pari con la conoscenza. Abbi pazienza, tesoro, e vedrai che prima o poi accadrà".
Victoria meditò a fondo su quelle parole: aveva molte cose a cui pensare.
Nella sua mente apparve un'altra domanda, a cui doveva a tutti i costi trovare risposta: "L'ho amato con tutto il cuore e l'anima, ma lui ripeteva che non era abbastanza: perchè?".
"Nemmeno dieci principesse avrebbero potuto amarlo fino a renderlo soddisfatto. Le persone che ritengono di non meritare di essere amate, come per esempio il principe, dubitano dell'amore degli altri perchè non credono che qualcuno privo di valore come loro possa meritarlo"[...]".
Da "La principessa che credeva nelle favole" di Garcia Grad Powers